Tenacia e Fiducia come i quattro Mori – Con i sapori dell’isola, La “Forchetta Sarda” conquista Viterbo
Ollolai, un nome che è quasi una cantilena. 1500 persone, sole, terra rosa e l’odore salmastro del vento di scirocco. Cuore della Sardegna, quella vera. Quella che il turismo e le paillettes delle spiagge cagliaritane le vede con il binocolo e che va bene così. Da lì, nel 1992, sono partiti mamma Angela e papa Salvatore con la loro Famiglia: Mary, Dennis e Christian. Direzione Viterbo. Il “continente” come lo chiamano sull’isola. Roba che a dirla così ha il sapore nebuloso della terra dove le ombre sono più che le luci. Semi inesplorata e con tutto il suo carico di paure. Una paura che la famiglia Brundu, cinque membri di cui tre appena adolescenti, si è lasciata presto alla spalle. “Nonostante all’inizio – racconta Dennis – ogni giorno ci sembrava quello giusto per tornare in Sardegna”. Catapultati in una realtà diversa. Sradicati e con una vita da ricostruire dalle fondamenta. A tenerli a galla tenacia e fiducia, cieca come i quattro mori della bandiera dell’Isola, un’ idea e uno spazio vuoto da riempire in quella che era via Marconi prima del boulevard. “Un investimento per i figli” pensava Angela che, in quel locale dove solo le assi di legno sbilenche con i chiodi per metà piegati sembravano trovarsi a proprio agio, vedeva delle potenzialità.
Inizia così a lavorare duro fino a quando le finestre non si colorano di giallo e l’insegna, con l’odore di vernice ancora fresca, non viene tirata fuori. Nasceva la Forchetta Sarda, più che un ristorante un sguardo sull’isola bella. Pizza fina e croccante per andare incontro alle esigenze di tutti e vincere quella naturale ritrosia che si prova davanti alla novità. Insieme, le migliori specialità della tradizione: dal maialino, ai ravioli al formaggio, passando per il pane frattau con ragù, pecorino e uovo, e arrivare alle dolci e fragranti seadas. Piatti senza cornici barocche ma con i sapori giusti e accoglienti di casa.
“Forse il nostro segreto – continua Dennis – il fatto che mia madre abbia sempre cucinato al ristorante come dietro i fornelli di casa. Stessa passione. Stessa attenzione. Come se, invece di clienti, aspettasse ospiti a cena. Ricordo un signore che tanti anni fa lasciò il menù chiuso sul tavolo e chiese per cena quello che avevamo mangiato noi: mia madre aveva fatto degli gnocchetti che proposi mi disse che in 35 anni di visite in Sardegna non aveva mangiato nulla di simile. In un certo senso, fu l’inizio di tutto”. L’inizio di un’avventura di cui le pagine più belle devono ancora essere scritte.
L.T