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Vallerano: eremi, asini e marmellata tra i castagneti
Escursione tra i castagneti della Tuscia tra Caprarola e Viterbo alla ricerca di un eremo abbandonato.
Dai monasteri di valle forse salivano quassù, quei monaci desiderosi di vivere periodi di vita solitaria e di ascesi, a contatto con la natura del bosco. L’eremo di San Leonardo è il frutto dell’”ora et labora” di una piccola comunità di monaci, abili cavatori di tufo, sapienti ”interior designer” ed amanti della vita appartata dei boschi.
Siamo sul cratere del vulcano di Vico, nel cuore dei monti Cimini. Da questo punto, la vista spazia da una parte sulla caldera vulcanica che ospita le acque del lago di Vico e una delle più belle riserve naturali del Lazio, e dall’altra nella valle del Tevere, con le sue forre, i calanchi e i borghi della Tuscia rupestre.
E’ proprio qui che fu scavato nella roccia, l’eremo di San Leonardo, che ospitava comunità monastiche, probabilmente benedettine, con ambienti ad uso sia liturgico che lavorativo (sembrerebbe anche per la lavorazione della canapa) con anche una sepoltura, probabilmente riferita all’Abate.
Si tratta di un complesso rupestre che si articola su tre livelli sovrapposti. Il livello più alto è all’aperto e consiste nella calotta sommitale tondeggiante che prosegue in modo sfalzato nell’aula della chiesa scavata nella roccia. Una testuggine che copre col suo guscio di tenera roccia un sacro speco intrecciato a più domestiche cavità. L’ingresso principale alla zona residenziale dà accesso a due ampie stanze, che costituiscono la parte più cospicua dell’insediamento rupestre, da dove, attraverso vari scalini si accede ad altri vani, distribuiti a raggiera sotto roccia. La qualità dello scavo è incredibile, così come i dettagli ancora leggibili: l’arco a tutto sesto, la cisterna circolare, il lucernario, le nicchie sulle pareti, il piccolo silos, le decorazioni della volta, il forno, la finestra trapezoidale ed i passaggi gradinati oltre ad un’aula ecclesiale scoperchiata, aperta a oriente, sulla prua di un promontorio roccioso incuneato su due fossi.
Quell’eredità spirituale, storica ed identitaria concretizzata in queste grotte è valorizzata dal contrasto con il bosco di monumentali castagni, adagiati sulle pendici dei monti circostanti. Veri e propri patriarchi vegetali, che hanno sfidato le insidie del tempo; testimoni della nostra storia, contenitori di tradizioni e culture popolari, protagonisti di fiabe, miti e leggende.
Seppur il luogo da solo sia fonte di incredibile fascino e spiritualità, la nostra esperienza vuole coinvolgere anche altri importanti aspetti di questo territorio, un tempo attraversato da mulattiere che collegavano i vari centri con il ricco bosco. Sul bordo dei sentieri, si piantavano degli arbusti da frutto, per poter trovare durante il passaggio ed in tutte le stagioni, di che sfamarsi.
La maggior presenza e conseguente “traffico” era generato dal via vai di asini, usati per il lavoro della terra, trasportare la legna, i raccolti e le persone. Sono stati proprio questi animali i veri abitanti del luogo nel corso dei secoli ed è con loro che cammineremo insieme. Sì, avete capito bene! La nostra passeggiata sarà in compagnia di gentili asinelli, che a differenza di un tempo, non lavoreranno, ma ci accompagneranno nei loro luoghi, per farci rivivere un pochino l’atmosfera e l’ambiente di un tempo. Questi asini infatti, normalmente vivono liberi in questi boschi, contribuendo a tenere puliti i castagneti che attraverseremo. Il proprietario, a sua volta, per andare a controllarli, in ogni stagione si trova a raccogliere una grande quantità di frutti selvatici che trasforma in gustose e BIOLOGICHE marmellate, che assaggeremo nel corso della passeggiata.
Con la cadenza del passo degli asini ed al rumore degli zoccoli, continueremo a camminare in un percorso ad anello, per raggiungere nuovamente il punto di partenza, e concludere la nostra esperienza in questo incredibile luogo, logisticamente vicino alla “civiltà”, ma veramente lontano dalla nostra realtà.
Escursione a cura delle guide turistiche, ambientali ed escursionistiche di Caprarola di Antico Presente
Guide: – Sabrina Moscatelli Guida Turistica Abilitata e Guida Ambientale Escursionistica iscritta nel registro nazionale A.I.G.A.E. e Giuseppe Di Filippo Guida Ambientale Escursionistica A.I.G.A.E
Durata: – circa 5 ore compresa la pausa pranzo
Quota di partecipazione – €20,00 euro a persona (€10,00 bambini fino a 15 anni) comprensiva di polizza professionale RC attiva, merenda con pane, marmellata, the, caffè e accompagnamento con asini durante il percorso
Appuntamento – Domenica 24 marzo 2024 alle ore 10:30 a Caprarola (VT)
Informazioni e prenotazioni – Visita il sito di Antico Presente (http://www.anticopresente.it)
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Teatro Bianconi – Raddoppiano i “Diavoli in Cucina”, raddoppiano le risate al Teatro Bianconi di Carbognano.
Doppio appuntamento per il trio di comici che nelle scorse stagioni ha fatto letteralmente impazzire di risate il pubblico del piccolo ma dinamico teatro viterbese.
Carbognano, 19 marzo 2024: La stagione del Teatro Bianconi prosegue senza sosta passando di sold out in sold out. Anche per il prossimo appuntamento del cartellone la partecipazione del pubblico è stata così entusiastica che la Direzione artistica, ha dovuto programmare una seconda replica per rispondere ai numerosissimi spettatori che altrimenti sarebbero rimasti esclusi. Lo spettacolo che ha riscosso così tanto successo e che sarà protagonista sullo storico palcoscenico viterbese sabato 23 marzo alle ore 18.00 e domenica 24 marzo alle ore 17.00 è DIAVOLI IN CUCINA esilarante commedia sulle difficoltà nel mondo del lavoro e della ristorazione di Gianni Quinto e Massimo Natale che ne cura anche la regia. A calcare le scene un terzetto comico che tante volte è già salito sul palco del Bianconi riscuotendo sempre un clamoroso e fragoroso successo: Valeria Monetti, Alessandro Tirocchi e Maurizio Paniconi, per l’occasione insieme anche a Simone Giacinti.
Rigatoni è un locale famoso in città, Michela dirige il ristorante e lavora con Francesco, Marco e Nando facendo di tutto: dalla preparazione al servizio ai tavoli, fino all’intrattenimento per i clienti con momenti comici, divertenti e musicali. I quattro sono anche grandi amici e nei momenti in cui il locale è chiuso al pubblico si confidano, si confrontano, ma soprattutto si massacrano scherzosamente. Tutto cambierà quando il personale del locale dovrà essere ridotto: uno di loro è di troppo e toccherà alla donna decidere quale dei tre dipendenti dovrà essere sacrificato. Da questo momento i tre faranno a gara nel conquistarsi la benevolenza della donna, screditandosi e boicottandosi vicendevolmente nei compiti e rivelando il peggio del loro carattere fino all’imprevedibile ed esplosivo finale.
La commedia è un graffiante spaccato degli eventi che stiamo vivendo: dalla voglia di ripresa al problema dell’occupazione, fino ai rapporti di amicizia e di affetto che possono essere messi in crisi da un momento all’altro. Importanti riflessioni che emergono tra fornelli, ricette, ingredienti e tante risate. La storia viene raccontata con ritmo, toni dissacranti e continue sorprese che divertiranno lo spettatore catapultando nella cucina del locale. Il quartetto degli interpreti è assolutamente affiatato, la loro comicità è a volte disarmante, ma di sicuro effetto, le battute fluiscono spontanee senza quasi rendersene conto.
Un altro imperdibile appuntamento di questa clamorosa Stagione teatrale che, dopo le difficoltà degli scorsi anni, sta facendo rifiorire la bellezza e il valore del Teatro, fatto bene, nel nostro territorio grazie al lavoro dei volontari che gestiscono il Bianconi e alla straordinaria e affettuosa partecipazione del pubblico che, di fronte ad un’offerta di eventi sincera e costruita con passione, non ha fatto mancare il suo entusiastico supporto.
Per informazioni e prenotazioni, anche per tutti gli altri appuntamenti della Stagione, basta visitare la pagina Facebook del Teatro Bianconi o il sito internet www.teatrobianconi.it oppure telefonare al 340.1045098
Sutri celebra Alessio Paternesi: oltre 100 opere esposte al Museo di Palazzo Doebbing
Di Terra, Di Luce, Di Aria: è la mostra dedicata al pittore scultore recentemente scomparso Alessio Paternesi, inaugurata il 9 marzo nel palazzo Doebbing di Sutri, in provincia di Viterbo. Sono esposte oltre 100 opere, tra tele e bronzi, nate dalla mano geniale dell’artista di fama internazionale, in oltre 60 anni di carriera.
L’inaugurazione si è tenuta nell’auditorium del palazzo, stracolmo di amici ed estimatori di Paternesi. Presenti, oltre al sindaco di Sutri Matteo Amori, la figlia dell’artista Monica Paternesi, la moglie Danka Schroeder, la delegata alla cultura del Comune Claudia Mercuri, Francesco Aliperti di Archeoares e il curatore della mostra Pietro Paolo Lateano, che ha personalmente ritrovato e restaurato due opere inedite del maestro: una tela, forse la più grande mai realizzata da Paternesi, e un altorilievo in lamina di argento realizzato con una difficoltosa tecnica di sovrapposizione dei materiali.
Presenti anche il presidente della commissione parlamentare Ambiente Mauro Rotelli, il consigliere regionale Daniele Sabatini, il presidente della Provincia Alessandro Romoli e il sindaco di Civita Castellana Luca Giampieri, che recentemente ha conferito all’artista la cittadinanza onoraria.
“Mio padre si è battuto per oltre cinquant’anni per la valorizzazione di questo splendido territorio che amava – ha detto Monica Paternesi -. Devo ringraziare tutti voi per il lavoro straordinario che avete fatto per allestire questa mostra. Ma devo ringraziare anche questo nuovo sentire che c’è in molti di questi amministratori che ho qui davanti a me, e faccio anche una differenza generazionale: vedo Luca, il presidente della Provincia, vedo Francesco, vedo Matteo, vedo Claudia, vedo tutti voi e ho la sensazione che finalmente l’idea di valorizzare questo territorio sia diventata un filo conduttore che può unire anche tante differenze e che vale la pena portare avanti tutti insieme. Un ultimo grazie, forse il più grande, è per l’affetto e il calore con cui avete fatto tutto questo”.
Il fulcro emozionale della mostra è la sala del palazzo dove è stato ricostruito fedelmente, usando gli oggetti originali, lo studio d’arte in cui Paternesi amava creare le sue opere.